Meditazioni tempo ordinario 2024

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18 agosto 2024 – XX domenica tempo ordinario B

Liturgia della Parola: 1Lettura: Prv 9,1-6 — Salmo responsoriale: Sal 33 – 2Lettura: Ef 5,15-20 — Vangelo: Gv 6,51-58. 

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?».

Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio delluomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nellultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.

Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno». Parola del Signore.

Omelia

C’è una parola che ricorre in tutte e quattro i brani della parola di Dio di oggi, in forme diverse. È la parola vita. Nella prima lettura ascoltiamo: Abbandonate l’inesperienza e vivrete; nel Salmo: Chi è l’uomo che desidera la vita…?; nella seconda lettura: Fate attenzione al vostro modo di vivere; infine nel vangelo Gesù ripetutamente parla di vita: vivrà in eterno…ha la vita eterna…vivrà in eterno.

Nella prima lettura la sapienza si presenta come la fonte della vita. Secondo la Bibbia la sapienza è il contenuto della parola di Dio. Che cosa insegna la parola di Dio? La sapienza. Nel salmo la fonte della vita è il timore del Signore. Diverse volte negli scritti biblici, cosiddetti sapienziali, il timore del Signore è definito principio della sapienza. Per timore del Signore si intende tutto l’atteggiamento della fede. Per accostarsi alla parola di Dio bisogna credere che è veramente parola di Dio. E così accostandosi alla parola del Signore con fede, ci si predispone ad apprendere la sapienza. Nel vangelo sentiamo che i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Nel vangelo Gesù si rivela come il pane vivo disceso dal cielo, il pane che dà la vita. Nella prima lettura e nel salmo non si comprendeva bene il significato di vita. Ora lo chiarisce Gesù nel vangelo. Gesù è il pane della vita, in quanto parola di Dio che si è fatta parola umana, e in quanto parola di Dio che si è fatta carne. Gesù si dona a noi in cibo, come parola nelle Scritture, e come carne nell’eucaristia. Nelle domeniche scorse Gesù ha parlato di se stesso come parola di Dio che si è fatta parola umana per parlare a noi, in questa domenica parla di se stesso come parola di Dio che si è fatta carne, è diventata uomo per stare con noi. Nel vangelo di oggi Gesù parla di mangiare la sua carne e bere il suo sangue in modo concreto. Sta parlando dell’eucaristia, dove sotto le specie del pane e del vino, Gesù ci dona se stesso. Dalle parole di Gesù comprendiamo di quale vita si parla: è la vita divina. Dio che ci ha creati a sua immagine e somiglianza, e ci ha dato questa vista fisica che viviamo sulla terra, ci chiama a partecipare della sua stessa vita: Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questa vita divina è sorgente in noi di vita eterna per la nostra anima e di risurrezione per il nostro corpo nell’ultimo giorno.

Nella seconda lettura l’apostolo faceva due esortazioni ai cristiani di Efeso, la prima l’abbiamo già ricordata, la seconda dice: E non ubriacatevi di vino, che fa perdere il controllo di sé; siate invece ricolmi dello Spirito, intrattenendovi fra voi con salmi, inni, canti ispirati, cantando e inneggiando al Signore con il vostro cuore, rendendo continuamente grazie per ogni cosa a Dio Padre, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo. A quale momento della vita ecclesiale sta pensando l’apostolo? Nelle sue parole ce n’è una che nella lingua originale suona così: eucharistountes, tradotta con rendendo grazie. Questa parola ci fa capire che pensa all’eucaristia, alla messa. Nella messa Gesù ci nutre di se stesso come parola e di se stesso come eucaristia. Nutrendoci di Gesù siamo nuovamente ricolmati di Spirito Santo. Certo abbiamo ricevuto lo Spirito Santo nel battesimo e nella cresima. Lo abbiamo ricevuto nella misura della nostra capacità. Seguendo Gesù Cristo, pregando e partecipando alla messa, cresciamo nella nostra capacità di accogliere lo Spirito Santo, e abbiamo così bisogno nuovamente di essere ricolmati di Spirito Santo. Lo Spirito Santo che si accompagna alla parola e all’eucaristia ci trasforma assimilandoci a Gesù e fa crescere in noi la vita divina, la vita eterna. Allora ci diventa possibile mettere in pratica la prima esortazione dell’apostolo: Fate molta attenzione al vostro modo di vivere, comportandovi non da stolti ma da saggi, facendo buon uso del tempo, perché i giorni sono cattivi. I giorni sono cattivi perché in essi operano gli uomini cattivi, quelli che si lasciano portare dal cattivo, il demonio. Il pericolo è che ci lasciamo condizionare dagli uomini cattivi, che sono stolti, perché seguono il maligno. Noi invece dobbiamo vivere da saggi, cioè dobbiamo manifestare nei nostri comportamenti Gesù Cristo, di cui ci siamo nutriti, lo Spirito Santo che ci guida, la vita divina che è in noi.

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11 febbraio 2024 – VI domenica del tempo ordinario B

Liturgia della Parola: 1Lettura: Lv 13,1-2.45-46 — Salmo responsoriale: Sal 31 – 2Lettura: 1Cor 10,31-11,1 — Vangelo: Mc 1,40-45. 

Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato. E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro».

Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.

Parola del Signore.

Omelia

Alla luce di quanto diceva la prima lettura, il lebbroso si avvicina a Gesù, trasgredendo l’antica legge. Infatti doveva tenersi a distanza dagli altri, gridando: Impuro, impuro! Doveva informarli, non solo perché era malato di lebbra, ma soprattutto perché era in uno stato di impurità. Quelli che si fossero avvicinati, venivano a trovarsi come lui in uno stato di impurità. E quindi dovevano stare per un certo periodo fuori dalla comunità e lontano dalle celebrazioni del culto. Il lebbroso era in uno stato di impurità permanente, come un cadavere, in quanto la sua malattia era inguaribile e lo conduceva progressivamente alla morte. Il lebbroso dunque avvicinandosi a Gesù trasgredisce quello che comandava la legge di Mosè. Ma anche Gesù, quando lo tocca, trasgredisce la legge di Mosè, perché nessuno doveva avvicinarsi e toccare un lebbroso, in quanto si sarebbe reso impuro. Abbiamo ascoltato quante volte viene ripetuta nella prima lettura la parola impuro in riferimento al lebbroso. Ma che cosa significa essere impuro? Significa essere sgraditi al Signore. Gli israeliti secondo la loro cultura pensavano che si potesse diventare impuri non solo con i peccati, ma anche con alcune malattie che alteravano l’integrità del corpo. Anche perché c’era la forte convinzione  che le malattie erano la conseguenza diretta di un peccato. Il lebbroso perciò dice a Gesù: Se vuoi, puoi purificarmi. Cioè mi puoi liberare dal peccato, mi puoi guarire e mi puoi rendere puro agli occhi di Dio. Gesù trasgredisce il comando perché egli è venuto proprio per i peccatori, per liberarli dal peccato e renderli graditi a Dio. Sappiamo come molti si scandalizzavano perché vedevano Gesù che stava a mensa con i pubblicani e i peccatori. Si credeva che stando con i peccatori, si restava contaminati dal loro peccato. E Gesù risponde: Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Io non sono venuto a chiamare i giusti ma i peccatori a convertirsi. Infine vediamo che il lebbroso trasgredisce sia il comando che Gesù gli aveva dato di mantenere il silenzio, e sia il comando di recarsi dal sacerdote, come prescriveva la legge di Mosè nel caso in cui si guariva dalla lebbra. Che cosa stanno a significare queste trasgressioni della legge antica e del comando di Gesù? È molto importante capire queste trasgressioni, perché l’evangelista ci presenta il lebbroso come un modello da imitare. Le trasgressioni riguardano tutte e tre la legge antica che Gesù non è venuto ad abolire ma a completare. Nel completamento fatto da Gesù vediamo che conserva i comandamenti della legge antica conformi alla legge naturale, come i dieci comandamenti, invece tralascia i comandamenti legati ai limiti culturali degli israeliti. Uno di questi limiti era che alcune malattie rendessero impuri e che non bisognava avvicinarsi a questi malati perché si restava impuri, cioè sgraditi a Dio. Il lebbroso non viene rimproverato da Gesù perché si è avvicinato a lui, e Gesù, che è il Figlio di Dio, toccandolo e manifestando la sua volontà, lo guarisce. Il lebbroso poi non recandosi dal sacerdote mostra di avere capito che era superfluo ormai recarsi dai sacerdoti, perché con la venuta di Gesù è finito il culto antico. Il lebbroso con il suo comportamento, non sappiamo fino a che punto consapevole, si mostra in sintonia con Gesù. L’unica cosa che ora conta è credere in Gesù ed entrare in contatto con lui.

Abbiamo ascoltato che Gesù compie un gesto: tese la mano, lo toccò, e poi pronuncia delle parole: Lo voglio, sii purificato. In questo comportamento di Gesù abbiamo il prototipo dei sacramenti. I sacramenti sono composti di gesti e parole. Gesù continua ad agire mediante i sacramenti. Quelli che noi chiamiamo sacerdoti sono solo ministri di Gesù Cristo. Gli prestano le mani e la bocca , ma l’attore principale resta sempre lui. Ogni ministro consapevole di ciò deve guardarsi bene dal pericolo di sovraesporsi e di rubare la scena a Gesù Cristo. Mediante i sacramenti Gesù continua la sua opera di purificazione, di liberazione da ciò che ci rende impuri, sgraditi a Dio. Il lebbroso che si comporta con umiltà e con fede, ci mostra come bisogna comportarsi quando ci accostiamo a Gesù che opera nei sacramenti. Non chiede a Gesù la purificazione, ma si rimette alla sua volontà: Se vuoi. Crede che Gesù possa guarirlo: puoi guarirmi. Come il centurione, non avanza pretese con Gesù, e crede nella sua potenza divina. Ecco d’ora in poi gli uomini devono rivolgersi a Gesù con l’atteggiamento di questo lebbroso, e quanti vengono in contatto con lui sono purificati, resi graditi a Dio,  non tanto perché sono liberati dalla lebbra, quanto perché sono liberati dai peccati. Sono i peccati che ci rendono impuri, cioè sgraditi a Dio. Gesù aveva imposto al lebbroso guarito il silenzio. Non era sbagliato parlare del fatto. Infatti oggi nella chiesa sparsa in tutto il mondo si è parlato di questo miracolo di Gesù. Egli stesso ha detto ai suoi: Quello che vi dico in segreto, gridatelo dai tetti. Non era dunque sbagliato parlare del miracolo, ma non era ancora giunto il momento. Tuttavia questo lebbroso guarito non riesce a tacere. Quando si fa l’esperienza della salvezza di Dio non è possibile tacere. Con la proclamazione del fatto, una processione di gente si reca da Gesù: venivano a lui da ogni parte. Il lebbroso diventa missionario di Gesù Cristo. Come il lebbroso anche noi siamo chiamati a proclamare quello che Gesù ha fatto e continua a fare per noi.

Nella seconda lettura sentiamo quello che ci insegna il missionario per eccellenza, l’apostolo Paolo. Innanzitutto dice di fare tutto per la gloria di Dio. E poi descrive la sua esperienza dicendo: io mi sforzo di piacere a tutti in tutto, senza cercare il mio interesse ma quello di molti, perché giungano alla salvezza. Paolo si comporta come Gesù che non ha cercato il proprio interesse, ma quello di tutti noi. Infatti Gesù sapeva che andando a Gerusalemme sarebbe stato arrestato, condannato e crocifisso. E siccome non pensava al suo interesse ma al nostro, ha preso la ferma decisione di recarsi a Gerusalemme. Infatti dalla sua morte è scaturita la nostra salvezza. Come apostoli di Gesù Cristo, non dobbiamo solo parlare di lui, di quello che ha fatto per noi, liberandoci dalla schiavitù del peccato, ma dobbiamo imitarlo con il nostro comportamento, amando come lui ci ha insegnato.

Chiediamo al Signore che ci doni l’umiltà e la fede del lebbroso nel rapporto con lui, e ci doni la carità di Paolo nel rapporto con gli altri.

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28 gennaio 2024IV domenica del tempo ordinario B

Liturgia della Parola: 1Lettura: Dt 18,15-20 — Salmo responsoriale: Sal 94 – 2Lettura: 1Cor 7,32-35 — Vangelo: Mc 1,21-28. 

Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, [a Cafàrnao,] insegnava. Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi. Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare, dicendo: «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!». E Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui. Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!». 

La sua fama si diffuse subito dovunque, in tutta la regione della Galilea.

Parola del Signore.

Omelia

Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi. La gente provava stupore nell’ascoltare Gesù, perché insegnava come uno che ha autorità. Possiamo farci un’idea del modo di insegnare di Gesù leggendo il discorso della montagna riportato da Matteo, lì dove Gesù passa in rassegna alcuni comandamenti della legge antica o per integrarli o per superarli. A proposito del quinto comandamento Gesù dice: Avete inteso che fu detto: Non ucciderai…Ma io vi dico: Chiunque si adira con il proprio fratello sarà sottoposto al giudizio… Gli scribi per dare autorità alle loro affermazioni si richiamavano alle Scritture o ai rabbini più famosi. I profeti introducevano il loro discorso dicendo: Così dice il Signore. Gesù invece afferma: Io vi dico…Questo atteggiamento di Gesù destava stupore, meraviglia. Quando poi vedono che Gesù libera con la sua parola un indemoniato, allora sono presi da timore, perché constatano che egli possiede veramente autorità. Nella Bibbia il timore è il sentimento che invade l’uomo quando assiste ad una manifestazione di Dio. La gente lì presente, frequentando la sinagoga, ha imparato che la caratteristica principale della parola di Dio è l’efficacia. Dio disse: Sia la luce e la luce fu. Dio ha fatto delle promesse ad Abramo che poi si sono progressivamente realizzate nella storia di Israele. Ora vedono questa efficacia nella parola di Gesù e provano timore: Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono! La gente intuisce che in quello che è avvenuto si è manifestata l’efficacia della parola di Dio che dice e realizza. In seguito anche i discepoli di Gesù faranno un’esperienza simile nell’episodio della tempesta sedata. Sono nella barca con Gesù, che si è addormentato a poppa. Scoppia una tempesta di vento che minaccia di far affondare la barca. I discepoli impauriti svegliano Gesù. Si sveglia, minaccia il mare e i venti dicendo: Taci, calmati. E ci fu grande bonaccia. I discepoli sono presi da timore, il timore reverenziale di cui abbiamo parlato, e si dicevano: Chi è dunque costui al quale il vento e il mare obbediscono?

Gesù dunque non solo parla con autorità ma dimostra di avere autorità, perché è la stessa parola di Dio che si è fatta carne. Con la sua parola annuncia la venuta del regno di Dio, chiama gli uomini a seguirlo, libera gli indemoniati, e domenica prossima ascolteremo che guarisce i malati di ogni sorta. Il primo segno che veramente il regno di Dio è in mezzo a noi è la liberazione dal potere del maligno. Se Dio instaura il suo regno tra gli uomini, regredisce il regno del maligno. Gesù è venuto a liberarci dal potere del demonio. Ha realizzato questa liberazione quando ha espiato i nostri peccati sulla croce. Nel battesimo noi siamo stati liberati dal peccato originale e nel sacramento del perdono siamo in continuazione liberati dai peccati che commettiamo di volta in volta.

Finché siamo su questa terra il demonio fa di tutto per imporci di nuovo la sua schiavitù. Il demonio opera in modo straordinario mediante l’ossessione, la vessazione e la possessione, in modo ordinario con la tentazione con cui ci spinge al peccato per distaccarci da Dio. Quando pecchiamo, diamo forza al demonio sulla nostra vita. La tentazione parte dal cuore con i pensieri cattivi, poi genera le parole cattive e infine le azioni cattive. Dobbiamo vigilare sul nostro cuore perché il demonio non vi semini i suoi cattivi suggerimenti. E siccome da soli non siamo capaci di resistergli, dobbiamo chiedere a Gesù che come ha comandato al demonio di tacere e di allontanarsi da quell’uomo, così gli comandi di tacere nei nostri cuori e di allontanarsi da noi. L’antidoto ai cattivi suggerimenti del demonio è la parola di Dio, da leggere, meditare e pregare. Più ci nutriamo della parola di Dio, e mediante la meditazione la trasformiamo in preghiera, più le tentazioni del demonio vanno a vuoto.

Le altre tre letture ci danno consigli sull’atteggiamento d’avere nei riguardi della parola di Dio. La parola di Dio ci giunge sempre per la mediazione umana. Dio ha parlato per bocca di Mosè e poi nella storia d’Israele per bocca dei profeti. Infine ha parlato per mezzo del Figlio Gesù Cristo. Tutta questa parola di Dio è contenuta nelle Scritture e nella Tradizione della chiesa. Dobbiamo accogliere le Scritture e la Tradizione della chiesa non come parola umana ma come è veramente quale parola di Dio che opera la nostra salvezza. L’atteggiamento sbagliato è di chi si pone dinanzi a questa parola con il cuore indurito. Il cuore indurito è come la strada della parabola su cui non appena i semi della parola cadono, subito viene il maligno e li ruba. Il cuore indurito è di chi è diventato insensibile alla parola di Dio. Non la sa più riconoscere Né nella coscienza, Né nelle Scritture, Né sulla bocca degli uomini di buona volontà. Il cuore indurito è conseguenza di una lunga permanenza nel peccato. Ecco perché non bisogna dormire sul peccato, ma ricorrere subito alla confessione. Un atteggiamento meno grave ma sempre pericoloso è di chi si lascia prendere dalle preoccupazioni della terra e non presta alla parola di Dio la dovuta attenzione. Non la trascura del tutto come chi ha il cuore indurito, ma non le presta la dovuta attenzione. L’apostolo parla del marito che si preoccupa di piacere alla moglie e della moglie che si preoccupa di piacere al marito. In questo non c’è nulla di male, ma se questa preoccupazione diventa preponderante, voi capite che c’è qualcosa che non va. Ci tante preoccupazioni legittime, come la famiglia, il lavoro, le vacanze, e via dicendo. Ma se queste cose occupano tutto il nostro tempo a disposizione, allora diventano come le spine della parabola che soffocano il seme della parola e ci distraggono dal Signore.

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21 gennaio 2024

III domenica del tempo ordinario B

Liturgia della Parola: 1Lettura: Gn 3,1-5.10 — Salmo responsoriale: Sal 24 – 2Lettura: 1Cor 7,29-31 — Vangelo: Mc 1,14-20. 

Dal Vangelo secondo Marco

Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».

Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. Gesù disse loro: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini». E subito lasciarono le reti e lo seguirono.

Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, mentre anch’essi nella barca riparavano le reti. E subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedèo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui.

Parola del Signore.

Omelia

Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo.

Nella sua predicazione Gesù annuncia il regno di Dio: il regno di Dio è vicino. Dio regna da sempre e per sempre. Tutto l’universo è nelle sue mani. Nulla sfugge dalla mano di Dio. Ma ora Dio viene ad inaugurare in modo nuovo il suo regno nella storia degli uomini. Questo vuole dire Gesù predicando: il regno di Dio è vicino. Ascoltando la predicazione di Gesù, gli uomini devono prendere atto della regalità di Dio e sottomettersi a lui. Da qui le esortazioni: convertitevi e credete al vangelo. Vangelo significa buona notizia. La buona notizia è appunto che Dio viene ad inaugurare in modo nuovo il suo regno e quelli che l’accolgono sono salvati.

Ma qual è questo modo nuovo con cui Dio viene ad inaugurare il suo regno? Dio viene a regnare per mezzo di Gesù Cristo suo Figlio. È lui il regno di Dio e il vangelo, la buona notizia. Quindi concretamente, l’invito: convertitevi e credete al vangelo, significa convertirsi e credere a Gesù. Gesù non lo dice, per il momento, così esplicitamente come lo sto dicendo io, ma lo fa comprendere da come agisce. Infatti incomincia a chiamare gli uomini a seguirlo.

Nel vangelo abbiamo ascoltato il racconto della chiamata dei primi discepoli: Venite dietro a me. È un modo per dire: diventate miei discepoli. I discepoli infatti andavano dietro al maestro. Quando Gesù rimprovera Pietro dicendogli: Va’ dietro a me, gli vuole dire: Devi stare al tuo posto di discepolo e non devi fare il maestro. I primi chiamati, Simone e Andrea, Giacomo e Giovanni, non era la prima volta che vedevano Gesù. Dal vangelo della domenica scorsa sappiamo che lo avevano conosciuto per la testimonianza di Giovanni il Battista. Erano già suoi discepoli, ma non avevano ancora preso una decisione definitiva. Lo seguivano ma saltuariamente. Infatti quando li chiama, stanno svolgendo il loro lavoro di pescatori. Gesù dunque chiamandoli: Venite dietro a me, li invita a prendere una decisione per lui e a seguirlo stabilmente. I discepoli di un rabbì del tempo facevano vita in comune con lui. Quello che ci colpisce dal racconto è la prontezza con cui hanno seguito Gesù: E subito lasciarono le reti e lo seguirono…Ed essi lasciarono il loro padre Zebedèo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui. Non hanno esitato, non hanno perso tempo, non hanno rimandato a domani, ma subito lasciarono tutto e lo seguirono.

In seguito Gesù si troverà a parlare di quanto sia difficile entrare nel regno di Dio, e Pietro gli dirà: Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito. Gesù gli risponderà: In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà. Con queste parole Gesù fa comprendere che il loro comportamento è quello giusto. Quando Gesù chiama, bisogna comportarsi come questi discepoli. Ma Gesù fa comprendere ancora un’altra cosa, e cioè che il regno di Dio sulla terra non è ancora perfetto, perché i discepoli subiscono persecuzioni. Sarà perfetto solo quando Gesù si manifesterà nella gloria.

Perché Gesù ha chiamato proprio questi pescatori, Simone e Andrea, Giacomo e Giovanni, e non altri uomini? La risposta ce la darà Gesù stesso in seguito, quando dirà: Beati i poveri di spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Nel Salmo di oggi abbiamo ascoltato il salmista il quale diceva che Dio insegna ai poveri la sua via. Gesù ha chiamato proprio queste persone, perché sono poveri di spirito. Leggendo i salmi sentiamo le voci di tante persone anonime. Tutti costoro di cui ignoriamo il nome affermano di appartenere ai poveri di spirito. Sentiamo in un salmo: Questo povero grida e il Signore lo ascolta…Ero povero ed egli mi ha salvato…Ascoltino i poveri e si rallegrino. La povertà di spirito include diversi atteggiamenti positivi che possiamo riassumere nella disponibilità a Dio. Gesù dunque chiama a seguirlo i poveri di spirito. Gesù chiamerà anche chi non è povero di spirito, come il giovane ricco, ma sappiamo che rifiuterà la sua chiamata. L’evangelista annota che se ne andò triste, perché senza Gesù Cristo non è possibile realizzarsi nella propria vita. Anche qualcuno dei chiamati che all’inizio era disponibile, come Giuda, in seguito si chiuderà a Dio, diventando il traditore di Gesù. Questo ci dice che la povertà di spirito va coltivata costantemente, per non perderla e chiudersi a Dio.

Abbiamo ascoltato che Gesù nel momento di chiamare i discepoli fa loro una promessa, che è anche una missione: Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini. Come Gesù li ha chiamati a seguirlo, così dovranno chiamare altri uomini a seguire Gesù. Gesù li chiama ad essere discepoli e apostoli. Tutti quanti noi siamo chiamati da Gesù per essere discepoli e apostoli. Discepoli perché stiamo con lui e impariamo da lui, impariamo a vivere come lui. Apostoli perché dobbiamo parlare di Gesù, farlo conoscere e condurre altri uomini a lui, perché il regno di Dio si dilati sempre più sulla terra.

Che cosa ci dicono le altre letture di oggi riguardo alla sequela di Gesù?

Nella prima lettura abbiamo ascoltato che il profeta Giona va a predicare agli abitanti di Ninive il castigo di Dio. Gli abitanti di Ninive accolgono la sua parola non come parola di uomo ma, come è veramente, quale parola di Dio, credono e si convertono. Gesù, in seguito, rimprovererà gli uomini della sua generazione perché non si erano convertiti alla sua predicazione, dicendo che nel giorno del giudizio sarebbero stati condannati dagli abitanti di Ninive. Costoro infatti si convertirono alla predicazione di Giona, invece molti non hanno voluto convertirsi alla predicazione di Gesù Cristo, che è più grande di Giona, in quanto è il Figlio di Dio.

Nella seconda lettura l’apostolo si rivolge ai cristiani di Corinto, a quelli che già si sono convertiti e credono nel Signore Gesù, e li esorta a distaccarsi da tutto le cose della vita terrena, passa infatti la figura di questo mondo. Dalla prima e dalla seconda lettura, comprendiamo che c’è una conversione dal peccato, come quella degli abitanti di Ninive, e una conversione distaccandosi anche dalle cose lecite della vita, per attaccarsi completamente a Gesù. Tutto passa, solo la nostra comunione con Gesù Cristo è destinata a durare in eterno.