2 aprile 2021 -Venerdì Santo – Passione del Signore
Liturgia della Parola: 1lettura: Is 52,13-53,12 – Salmo responsoriale: Sal 30 – 2lettura: Eb 4,14-16; 5,7-9 – Vangelo: Gv 18,1-19,42.
Omelia
Domenica scorsa abbiamo ascoltato il racconto della passione secondo Marco, oggi quello secondo Giovanni. Tutti e quattro gli evangelisti raccontano in modo dettagliato gli avvenimenti della passione e morte di Gesù che si sono svolti nell’arco di una giornata. In proporzione raccontano in modo molto più succinto i tre anni in cui Gesù svolse la missione pubblica. Comportandosi così ci trasmettono un messaggio ben chiaro, e cioè che gli avvenimenti della passione e morte di Gesù erano più importanti di tutto il resto.
Ognuno degli evangelisti coglie un aspetto particolare del comportamento di Gesù. Giovanni, per esempio, mette in risalto la libertà con cui Gesù va incontro all’arresto e tutto quello che ne segue. Gesù in un certo senso deve mortificare la sua divinità per permettere ai nemici di arrestarlo. Infatti, dice l’evangelista che coloro che erano andati ad arrestarlo quando si trovano davanti Gesù che risponde loro: Io sono, indietreggiarono e caddero a terra. Solo in un secondo momento, poiché Gesù glielo permette, sono capaci di arrestarlo e di condurlo a processo. In tutti i momenti della passione secondo Giovanni Gesù conserva un contegno pieno di autorevolezza. In poche parole Gesù soffre non perché costretto ma perché volontariamente si sottopone alla passione e alla morte di croce.
Ma qual è il significato della passione e morte di Gesù raccontate nei vangeli? Che senso ha tutto quello che è successo a Gesù?
I primi discepoli hanno trovato la chiave di lettura della sofferenza di Gesù nell’Antico Testamento. E’ Gesù stesso che gli ha consegnato questa chiave di lettura quando dopo la risurrezione, apparendo spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui (Lc 24,27). Ma anche precedentemente, Gesù preannunciando quello che stava per accadergli, evidenziava che doveva compiersi in lui la Scrittura.
L’evangelista Luca ci informa che nell’ultima cena Gesù disse ai suoi discepoli: Deve compiersi in me questa parola della Scrittura: E fu annoverato tra gli empi (Lc 22,37), una chiara citazione dell’ultimo versetto della prima lettura di oggi. La prima lettura di oggi Is 52,13-53,12 contiene il quarto canto del servo del Signore. Con le sue parole: Deve compiersi in me questa parola della Scrittura: E fu annoverato tra gli empi, Gesù si presenta come il servo sofferente del Signore di cui parla il profeta. La prima lettura dunque è la chiave di lettura per cogliere il significato della sofferenza e della morte di croce di Gesù. Egli è stato condannato da innocente ed ha sofferto per espiare i nostri peccati. La sua sofferenza e la sua morte di croce sono state vissute da lui come un sacrificio di riparazione per i nostri peccati. Il castigo che spettava a noi per i peccati commessi si è abbattuto su di lui. La sua sofferenza e la sua morte ci hanno procurato la salvezza di Dio.
La vita di Gesù è presentata nell’oracolo profetico come una radice in terra arida destinata a rimanere sterile. Invece la morte di Gesù genera una moltitudine di salvati. Gesù stesso dirà: Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo, se invece muore produce molto frutto (Gv 12,24). Il profeta mette in bocca alla comunità dei salvati il racconto delle sofferenze di Gesù, che proclamano: …per le sue piaghe siamo stati guariti (Is 53,5). Noi dunque siamo implicitamente chiamati a parlare di quello che Gesù ha fatto per noi, delle sofferenze che ha patito, della morte come un malfattore, ma anche della sua esaltazione alla destra di Dio, e della salvezza che è scaturita per noi dalla sua morte e risurrezione.
Il racconto della passione del vangelo e questo oracolo profetico che ne svela il significato ci fanno comprendere la serietà dei nostri peccati che per essere espiati hanno richiesto tutta questa sofferenza di Gesù. Ci rivela nello stesso tempo l’amore di Gesù, ovvero l’amore di Dio, che è più grande di tutti i nostri peccati. Da questo non dobbiamo dedurre che siccome il Signore ci perdona possiamo peccare tranquillamente, sapendo quante sofferenze gli hanno procurato e continuano a procurargli i nostri peccati, ma dobbiamo fuggire il male con orrore e stare uniti a lui, che ci ama e ci dà la vita vera.
Il suo amore può diventare un incentivo a rimanere nel peccare solo per chi non sa riconoscerlo, ma per chi lo sa riconoscere è un invito urgente e pressante alla conversione.
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28 marzo 2021- Domenica delle Palme B
Liturgia della Parola: 1lettura: Is 50,4-7 – Salmo responsoriale: Sal 22 – 2lettura: Fil 2,6-11 – Vangelo: Mc 14,1-15,47.
Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Marco
Mancavano due giorni alla Pasqua e agli Àzzimi, e i capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano il modo di catturare Gesù con un inganno per farlo morire. Dicevano infatti: «Non durante la festa, perché non vi sia una rivolta del popolo».
Ha unto in anticipo il mio corpo per la sepoltura
Gesù si trovava a Betània, nella casa di Simone il lebbroso. Mentre era a tavola, giunse una donna che aveva un vaso di alabastro, pieno di profumo di puro nardo, di grande valore. Ella ruppe il vaso di alabastro e versò il profumo sul suo capo. Ci furono alcuni, fra loro, che si indignarono: «Perché questo spreco di profumo? Si poteva venderlo per più di trecento denari e darli ai poveri!». Ed erano infuriati contro di lei. Allora Gesù disse: «Lasciatela stare; perché la infastidite? Ha compiuto un’azione buona verso di me. I poveri infatti li avete sempre con voi e potete far loro del bene quando volete, ma non sempre avete me. Ella ha fatto ciò che era in suo potere, ha unto in anticipo il mio corpo per la sepoltura. In verità io vi dico: dovunque sarà proclamato il Vangelo, per il mondo intero, in ricordo di lei si dirà anche quello che ha fatto».
Promisero a Giuda Iscariota di dargli denaro
Allora Giuda Iscariota, uno dei Dodici, si recò dai capi dei sacerdoti per consegnare loro Gesù. Quelli, all’udirlo, si rallegrarono e promisero di dargli del denaro. Ed egli cercava come consegnarlo al momento opportuno.
Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?
Il primo giorno degli Àzzimi, quando si immolava la Pasqua, i suoi discepoli gli dissero: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?». Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo. Là dove entrerà, dite al padrone di casa: “Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”. Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi». I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua.
Uno di voi, colui che mangia con me, mi tradirà
Venuta la sera, egli arrivò con i Dodici. Ora, mentre erano a tavola e mangiavano, Gesù disse: «In verità io vi dico: uno di voi, colui che mangia con me, mi tradirà». Cominciarono a rattristarsi e a dirgli, uno dopo l’altro: «Sono forse io?». Egli disse loro: «Uno dei Dodici, colui che mette con me la mano nel piatto. Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell’uomo, dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito! Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!».
Questo è il mio corpo. Questo è il mio sangue dell’alleanza
E, mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio».
Prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai
Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi. Gesù disse loro: «Tutti rimarrete scandalizzati, perché sta scritto: “Percuoterò il pastore e le pecore saranno disperse”. Ma, dopo che sarò risorto, vi precederò in Galilea». Pietro gli disse: «Anche se tutti si scandalizzeranno, io no!». Gesù gli disse: «In verità io ti dico: proprio tu, oggi, questa notte, prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai». Ma egli, con grande insistenza, diceva: «Anche se dovessi morire con te, io non ti rinnegherò». Lo stesso dicevano pure tutti gli altri.
Cominciò a sentire paura e angoscia
Giunsero a un podere chiamato Getsèmani, ed egli disse ai suoi discepoli: «Sedetevi qui, mentre io prego». Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a sentire paura e angoscia. Disse loro: «La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate». Poi, andato un po’ innanzi, cadde a terra e pregava che, se fosse possibile, passasse via da lui quell’ora. E diceva: «Abbà! Padre! Tutto è possibile a te: allontana da me questo calice! Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu». Poi venne, li trovò addormentati e disse a Pietro: «Simone, dormi? Non sei riuscito a vegliare una sola ora? Vegliate e pregate per non entrare in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole». Si allontanò di nuovo e pregò dicendo le stesse parole. Poi venne di nuovo e li trovò addormentati, perché i loro occhi si erano fatti pesanti, e non sapevano che cosa rispondergli. Venne per la terza volta e disse loro: «Dormite pure e riposatevi! Basta! È venuta l’ora: ecco, il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani dei peccatori. Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è vicino».
Arrestatelo e conducetelo via sotto buona scorta
E subito, mentre ancora egli parlava, arrivò Giuda, uno dei Dodici, e con lui una folla con spade e bastoni, mandata dai capi dei sacerdoti, dagli scribi e dagli anziani. Il traditore aveva dato loro un segno convenuto, dicendo: «Quello che bacerò, è lui; arrestatelo e conducetelo via sotto buona scorta». Appena giunto, gli si avvicinò e disse: «Rabbì» e lo baciò. Quelli gli misero le mani addosso e lo arrestarono. Uno dei presenti estrasse la spada, percosse il servo del sommo sacerdote e gli staccò l’orecchio. Allora Gesù disse loro: «Come se fossi un brigante siete venuti a prendermi con spade e bastoni. Ogni giorno ero in mezzo a voi nel tempio a insegnare, e non mi avete arrestato. Si compiano dunque le Scritture!». Allora tutti lo abbandonarono e fuggirono. Lo seguiva però un ragazzo, che aveva addosso soltanto un lenzuolo, e lo afferrarono. Ma egli, lasciato cadere il lenzuolo, fuggì via nudo.
Sei tu il Cristo, il Figlio del Benedetto?
Condussero Gesù dal sommo sacerdote, e là si riunirono tutti i capi dei sacerdoti, gli anziani e gli scribi. Pietro lo aveva seguito da lontano, fin dentro il cortile del palazzo del sommo sacerdote, e se ne stava seduto tra i servi, scaldandosi al fuoco. I capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano una testimonianza contro Gesù per metterlo a morte, ma non la trovavano. Molti infatti testimoniavano il falso contro di lui e le loro testimonianze non erano concordi. Alcuni si alzarono a testimoniare il falso contro di lui, dicendo: «Lo abbiamo udito mentre diceva: “Io distruggerò questo tempio, fatto da mani d’uomo, e in tre giorni ne costruirò un altro, non fatto da mani d’uomo”». Ma nemmeno così la loro testimonianza era concorde. Il sommo sacerdote, alzatosi in mezzo all’assemblea, interrogò Gesù dicendo: «Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?». Ma egli taceva e non rispondeva nulla. Di nuovo il sommo sacerdote lo interrogò dicendogli: «Sei tu il Cristo, il Figlio del Benedetto?». Gesù rispose: «Io lo sono!
E vedrete il Figlio dell’uomo
seduto alla destra della Potenza
e venire con le nubi del cielo».
Allora il sommo sacerdote, stracciandosi le vesti, disse: «Che bisogno abbiamo ancora di testimoni? Avete udito la bestemmia; che ve ne pare?». Tutti sentenziarono che era reo di morte. Alcuni si misero a sputargli addosso, a bendargli il volto, a percuoterlo e a dirgli: «Fa’ il profeta!». E i servi lo schiaffeggiavano.
Non conosco quest’uomo di cui parlate
Mentre Pietro era giù nel cortile, venne una delle giovani serve del sommo sacerdote e, vedendo Pietro che stava a scaldarsi, lo guardò in faccia e gli disse: «Anche tu eri con il Nazareno, con Gesù». Ma egli negò, dicendo: «Non so e non capisco che cosa dici». Poi uscì fuori verso l’ingresso e un gallo cantò. E la serva, vedendolo, ricominciò a dire ai presenti: «Costui è uno di loro». Ma egli di nuovo negava. Poco dopo i presenti dicevano di nuovo a Pietro: «È vero, tu certo sei uno di loro; infatti sei Galileo». Ma egli cominciò a imprecare e a giurare: «Non conosco quest’uomo di cui parlate». E subito, per la seconda volta, un gallo cantò. E Pietro si ricordò della parola che Gesù gli aveva detto: «Prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai». E scoppiò in pianto.
Volete che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?
E subito, [al mattino, i capi dei sacerdoti, con gli anziani, gli scribi e tutto il sinedrio, dopo aver tenuto consiglio, misero in catene Gesù, lo portarono via e lo consegnarono a Pilato. Pilato gli domandò: «Tu sei il re dei Giudei?». Ed egli rispose: «Tu lo dici». I capi dei sacerdoti lo accusavano di molte cose. Pilato lo interrogò di nuovo dicendo: «Non rispondi nulla? Vedi di quante cose ti accusano!». Ma Gesù non rispose più nulla, tanto che Pilato rimase stupito.
A ogni festa, egli era solito rimettere in libertà per loro un carcerato, a loro richiesta. Un tale, chiamato Barabba, si trovava in carcere insieme ai ribelli che nella rivolta avevano commesso un omicidio. La folla, che si era radunata, cominciò a chiedere ciò che egli era solito concedere. Pilato rispose loro: «Volete che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?». Sapeva infatti che i capi dei sacerdoti glielo avevano consegnato per invidia. Ma i capi dei sacerdoti incitarono la folla perché, piuttosto, egli rimettesse in libertà per loro Barabba. Pilato disse loro di nuovo: «Che cosa volete dunque che io faccia di quello che voi chiamate il re dei Giudei?». Ed essi di nuovo gridarono: «Crocifiggilo!». Pilato diceva loro: «Che male ha fatto?». Ma essi gridarono più forte: «Crocifiggilo». Pilato, volendo dare soddisfazione alla folla, rimise in libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso.
Intrecciarono una corona di spine e gliela misero attorno al capo
Allora i soldati lo condussero dentro il cortile, cioè nel pretorio, e convocarono tutta la truppa. Lo vestirono di porpora, intrecciarono una corona di spine e gliela misero attorno al capo. Poi presero a salutarlo: «Salve, re dei Giudei!». E gli percuotevano il capo con una canna, gli sputavano addosso e, piegando le ginocchia, si prostravano davanti a lui. Dopo essersi fatti beffe di lui, lo spogliarono della porpora e gli fecero indossare le sue vesti, poi lo condussero fuori per crocifiggerlo.
Condussero Gesù al luogo del Gòlgota
Costrinsero a portare la sua croce un tale che passava, un certo Simone di Cirene, che veniva dalla campagna, padre di Alessandro e di Rufo. Condussero Gesù al luogo del Gòlgota, che significa «Luogo del cranio», e gli davano vino mescolato con mirra, ma egli non ne prese.
Con lui crocifissero anche due ladroni
Poi lo crocifissero e si divisero le sue vesti, tirando a sorte su di esse ciò che ognuno avrebbe preso. Erano le nove del mattino quando lo crocifissero. La scritta con il motivo della sua condanna diceva: «Il re dei Giudei». Con lui crocifissero anche due ladroni, uno a destra e uno alla sua sinistra.
Ha salvato altri e non può salvare se stesso!
Quelli che passavano di là lo insultavano, scuotendo il capo e dicendo: «Ehi, tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso scendendo dalla croce!». Così anche i capi dei sacerdoti, con gli scribi, fra loro si facevano beffe di lui e dicevano: «Ha salvato altri e non può salvare se stesso! Il Cristo, il re d’Israele, scenda ora dalla croce, perché vediamo e crediamo!». E anche quelli che erano stati crocifissi con lui lo insultavano.
Gesù, dando un forte grido, spirò
Quando fu mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. Alle tre, Gesù gridò a gran voce: «Eloì, Eloì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Ecco, chiama Elia!». Uno corse a inzuppare di aceto una spugna, la fissò su una canna e gli dava da bere, dicendo: «Aspettate, vediamo se viene Elia a farlo scendere». Ma Gesù, dando un forte grido, spirò.
(Qui si genuflette e si fa una breve pausa)
Il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo. Il centurione, che si trovava di fronte a lui, avendolo visto spirare in quel modo, disse: «Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!».]
Vi erano anche alcune donne, che osservavano da lontano, tra le quali Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo il minore e di Ioses, e Salome, le quali, quando era in Galilea, lo seguivano e lo servivano, e molte altre che erano salite con lui a Gerusalemme.
Giuseppe fece rotolare una pietra all’entrata del sepolcro
Venuta ormai la sera, poiché era la Parascève, cioè la vigilia del sabato, Giuseppe d’Arimatèa, membro autorevole del sinedrio, che aspettava anch’egli il regno di Dio, con coraggio andò da Pilato e chiese il corpo di Gesù. Pilato si meravigliò che fosse già morto e, chiamato il centurione, gli domandò se era morto da tempo. Informato dal centurione, concesse la salma a Giuseppe. Egli allora, comprato un lenzuolo, lo depose dalla croce, lo avvolse con il lenzuolo e lo mise in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fece rotolare una pietra all’entrata del sepolcro. Maria di Màgdala e Maria madre di Ioses stavano a osservare dove veniva posto.
Omelia
Il racconto della passione di Gesù ci mostra da una parte la cattiveria e la pochezza degli uomini, e dall’altra l’amore di Dio in Gesù, che vince il male subendolo.
Sono tanti quelli che concorrono a far soffrire Gesù. I capi dei sacerdoti e gli scribi cercano il modo di farlo morire. I capi dei sacerdoti e gli scribi erano invidiosi di Gesù, perché la gente pendeva dalle sue labbra, e quindi si sentivano privati della loro autorità. La loro invidia si trasforma in odio e così tramano per farlo morire. Giuda, uno dei Dodici, consegna Gesù ai nemici in cambio di denaro. La bramosia del denaro acceca gli occhi e fa perdere di vista anche i legami di amicizia. Pilato ha compreso che Gesù è innocente, ma cede alle pressioni dei capi religiosi e della folla che ne chiedono la condanna a morte. Tutti costoro sono gli artefici principali della passione di Gesù. Poi ci sono gli esecutori materiali, i soldati che lo flagellano, lo deridono, lo percuotono, lo caricano della croce e lo crocifiggono. Anche i discepoli con la loro pochezza contribuiscono a far soffrire Gesù. Non appena viene arrestato lo abbandonano e fuggono. E Pietro che aveva detto di dare la vita per lui, dirà per paura di non conoscerlo. Gesù soffre e muore a causa del male del mondo. E soffre e muore anche per causa nostra, perché tutte le volte che abbiamo fatto del male ci siamo resi complici del male del mondo, ci siamo uniti a quelli che hanno fatto soffrire e morire Gesù.
Gesù va incontro alla passione con la conoscenza soprannaturale che gli viene dalla sua natura divina. Infatti preannuncia il tradimento di Giuda, il rinnegamento di Pietro e l’abbandono dei discepoli. Ma subisce la passione con l’estrema debolezza della sua natura umana. Gesù non fa nulla con il suo potere divino per limitare le sofferenze della sua natura umana. Soffre in silenzio, senza imprecare e minacciare vendetta contro i suoi persecutori. Le due letture e il salmo ci fanno conoscere meglio quali sono stati i sentimenti di Gesù durante la passione. Gesù non si è sottratto alla sofferenza, ma per obbedire alla volontà del Padre l’ha accettata fino alla morte di croce. Il Padre non voleva certamente che il Figlio soffrisse. La sofferenza è stata causata da noi uomini. Il Padre voleva che il Figlio condividesse la nostra condizione umana in tutto eccetto il peccato. E siccome la condizione umana è segnata dal male, dalla sofferenza e dalla morte, per obbedienza al Padre Gesù è andato incontro alla passione e alla morte di croce. Sulla croce Gesù ha recitato il salmo 22 riportato in parte nel salmo responsoriale. Le parole di Gesù: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? sono l’inizio del salmo, in cui parla un innocente condannato ingiustamente che è in fin di vita e i suoi nemici si spartiscono le vesti e gettano la sorte sulla tunica. Quest’uomo innocente continua a confidare nel Signore e a sperare quando ogni speranza umana è svanita. Gesù soffre e muore confidando e sperando nel Padre.
Dal comportamento di Gesù durante la passione impariamo che non dobbiamo mai lasciarci vincere dal male, rispondendo al male con altro male, ma dobbiamo vincere il male con il bene. Impariamo che non dobbiamo fare la nostra volontà, ma la volontà di Dio anche quando costa. Impariamo a confidare in Dio, a cui spetta l’ultima parola in tutto. Difatti l’ultima parola nella vita di Gesù non è stata la morte che gli uomini gli hanno inflitto ma la risurrezione con cui il Padre lo ha costituito Signore e Salvatore.