7 giugno 2020 – Solennità della SS. Trinità
Liturgia della Parola: 1lettura: Es 34,4-6.8-9 – Salmo responsoriale: Dn 3,52-56 – 2lettura: 2Cor 13,11-13 – Vangelo: Gv 3,16-18.
Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, disse Gesù a Nicodèmo: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio».
Parola del Signore
Omelia
Noi possiamo parlare di Dio perché lui si è rivelato. Se Dio non si fosse rivelato, avremmo, certo, potuto conoscere la sua esistenza a partire dalla creazione, ma niente di più. Soprattutto non avremmo potuto conoscere bene la sua personalità. Ma dato che Dio si è rivelato, noi possiamo parlare di lui sulla base di quello che ci ha detto e ci ha mostrato di sé stesso. La rivelazione di Dio è contenuta nei libri che formano la Scrittura e sono suddivisi in due blocchi, l’Antico Testamento e il Nuovo Testamento.
La liturgia della Parola di oggi riporta due letture, la prima e il salmo, che appartengono alla prima fase della rivelazione, l’AT, e due letture, la seconda e il vangelo, che appartengono alla seconda fase della rivelazione, il NT.
Nell’AT Dio ci tiene a sottolineare la sua unicità, perché gli uomini dell’antichità erano inclini al politeismo, a credere nell’esistenza di più divinità. Dio si rivela a uomini ben precisi, Abramo, Isacco, Giacobbe, che sono i capostipiti del popolo d’Israele. E poi rivela in modo particolare i caratteri della sua personalità a Mosè sul monte Sinai. Nella prima lettura abbiamo ascoltato la presentazione che Dio fa di sé stesso: «Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà».
Gli israeliti quando sentivano queste parole come le recepivano? Dio è misericordioso come una madre che si commuove per i figli che hanno bisogno di lei. Dio è pietoso come un sovrano che fa grazia ai suoi sudditi e li ricolma di beni. E’ lento all’ira, non cede all’ira subito, ma prende molto tempo. E soprattutto ama di un amore fedele e inesauribile il suo popolo, Israele, come uno sposo ama la sua sposa. Gli israeliti quando si rivolgono a Dio hanno presente questa immagine. Così nelle preghiere dei salmi gli oranti spesso richiamano queste caratteristiche di Dio. Pensiamo al salmo 51, il famoso miserere, dove l’uomo che parla chiede perdono a Dio appellandosi proprio al suo carattere: «Pietà di me, o Dio, nel tuo amore,/nella tua grande misericordia,/ cancella le mie iniquità».
Nel salmo responsoriale vengono richiamate altre due caratteristiche del Dio d’Israele, quando si dice: «Benedetto sei tu che penetri con lo sguardo gli abissi/e siedi sui cherubini./ Benedetto sei tu nel firmamento del cielo». Il Dio d’Israele scruta gli abissi del mare, siede sopra il firmamento, cioè trascende la creazione, che è opera delle sue mani, e nessuna cosa creata può essere paragonata a lui, ma nello stesso tempo è il Dio vicino ad Israele, avendo posto la sua dimora sui cherubini dell’arca dell’alleanza custodita nel tempio di Gerusalemme.
Questa vicinanza di Dio raggiunge il massimo, quando egli manda sulla terra il Figlio suo Gesù Cristo: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna». In Gesù Cristo, in quello che lui ha fatto e detto, Dio si rivela completamente e si fa conoscere senza più veli. Così vediamo Gesù che mangia e beve con i peccatori, perché non sono i sani che hanno bisogno del medico ma i malati. Gesù va a casa di Zaccheo a cercare e salvare ciò che era perduto. Gesù che perdona la donna colta in flagrante adulterio. Gesù che muore sulla croce per espiare i nostri peccati. E’ Gesù a rivelarci che Dio, proprio perché amore, non è solitario ma è una comunione di tre Persone.
Ora sull’amore di Dio per noi non ci possono essere dubbi, così come sulla sua volontà di salvarci. I dubbi invece devono riguardare noi stessi, perché se non rispondiamo a Dio credendo nel Figlio Gesù Cristo, non possiamo sperimentare la sua salvezza. Gesù parla in modo molto chiaro sia della salvezza sia della condanna: «Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio». Se anche noi pastori fossimo chiari a riportare le parole di Gesù, non presenteremmo la misericordia di Dio come un incentivo al peccato ma come deve essere un appello alla conversione. La nostra risposta libera, o conversione, è necessaria perché abbiamo la salvezza. Dio infatti non ci vuole salvare a forza, ma con il nostro consenso. Se Dio avesse voluto salvarci a prescindere dalla nostra conversione, non si sarebbe rivelato nella storia della salvezza, non avrebbe mandato il Figlio a morire sulla croce, ma ci avrebbe salvati automaticamente. Invece tutta la storia della salvezza che culmina in Gesù Cristo è un invito alla nostra conversione. Gesù è la mano che Dio porge a noi peccatori, è la salvezza di Dio per noi. Se stendiamo le nostre mani e ci aggrappiamo a Gesù Cristo con sincerità, siamo salvati. Sincerità significa che non ci limitiamo a dire: Signore, Signore!, ma facciamo la sua volontà. Se invece rifiutiamo Gesù con i fatti, ostinandoci a rimanere nel peccato, ci escludiamo da noi stessi dalla salvezza, l’unica possibile perché non ce ne sono altre. Quindi la salvezza dipende da Dio, la condanna dipende da noi.
Noi che abbiamo creduto in Gesù, conosciamo Dio e viviamo in relazione con le tre divine Persone a partire dal battesimo. Nel battesimo siamo diventati figli di Dio, siamo stati uniti a Gesù come i tralci alla vite, lo Spirito Santo vive in noi. Tutta la nostra vita di cristiani è esperienza della grazia del Signore nostro Gesù Cristo, dell’amore di Dio Padre e della comunione dello Spirito Santo. La chiesa di cui facciamo parte è il popolo radunato dalla grazia del Signore nostro Gesù Cristo, dall’amore di Dio Padre e dalla comunione dello Spirito Santo. Se viviamo in comunione con le tre divine Persone lo si vede, ci sono dei segni nella nostra vita.
L’apostolo nella seconda lettura presentava questi segni a mo’ di esortazione, perché dipendono dalla grazia di Dio in noi e dalla nostra accoglienza. Viviamo nella gioia, tendiamo all’amore perfetto, ci aiutiamo a vicenda, condividendo le gioie e i dolori dei fratelli, abbiamo gli stessi sentimenti di fede, viviamo in pace tra di noi.