18 marzo – V domenica di Quaresima
(anno B)
Liturgia della Parola: 1lettura: Ger 31,31-34 – Salmo responsoriale: Sal 50 – 2lettura: Eb 5,7-9 – Vangelo: Gv 12,20-33.
Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa c’erano anche alcuni Greci. Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli domandarono: «Signore, vogliamo vedere Gesù».
Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. Gesù rispose loro: «È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato. In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà. Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora! Padre, glorifica il tuo nome».
Venne allora una voce dal cielo: «L’ho glorificato e lo glorificherò ancora!».
La folla, che era presente e aveva udito, diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: «Un angelo gli ha parlato». Disse Gesù: «Questa voce non è venuta per me, ma per voi. Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me». Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire.
Parola del Signore
Meditazione
Gesù ha vissuto sulla terra in attesa dell’ora della sua glorificazione da parte di Dio. Gesù percepisce che quest’ora è ormai arrivata dal fatto che alcuni greci chiedono di vederlo, e per questo dice: «È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato». Si tratta di gente che non appartiene al popolo d’Israele ma, come annota l’evangelista, conosce e rende culto al Dio d’Israele.
Ma che cosa vuole dire Gesù quando afferma che sarà glorificato da Dio?
Innanzitutto bisogna sapere che la gloria di Dio nella Bibbia indica la manifestazione della sua potenza. Quindi, dicendo che sarà glorificato da Dio, Gesù vuole dire che Dio manifesterà in lui la sua potenza. Siccome la potenza di Dio è l’amore, il Padre glorificherà Gesù nel momento del suo amore estremo, cioè quando dà la vita sulla croce. Infatti Gesù, come ci ricorda la seconda lettura, è risuscitato dai morti, perché Dio ha esaudito la sua supplica di salvarlo dalla morte. Gesù è diventato causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono, perché Dio ha gradito l’offerta della sua vita. Tutti i sacrifici offerti nel culto antico non erano capaci di espiare i peccati. Invece Gesù Cristo con l’offerta della sua vita, accettata da Dio, ha espiato una volta per sempre i peccati di tutti gli uomini. Quindi Gesù ha vinto il demonio, che domina sugli uomini con il peccato e la morte. Attraverso di lui Dio realizza la nuova alleanza con gli uomini, annunciata dal profeta Geremia. Infatti dopo aver vinto il peccato e la morte, Gesù effonde sui credenti il dono dello Spirito Santo, che scrive nel cuore la legge di Dio. In questo modo la legge cessa di essere un comando per diventare un esigenza di vita. Ora tutte queste conquiste di Gesù, sarebbero inutili, se non divenissero patrimonio degli uomini. Per questo il vero risultato della glorificazione di Gesù è quindi l’attrazione degli uomini a lui: «E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me». Ecco perchè nel desiderio di quei greci che vogliono vederlo, Gesù coglie l’opera del Padre che incomincia a glorificarlo.
Come abbiamo detto, per essere glorificato Gesù deve andare incontro alla morte di croce, deve comportarsi come il chicco di grano che caduto in terra muore, per produrre molto frutto. In altre parole Gesù deve amare donando se stesso fino alla morte di croce. In questo modo manifesterà l’amore di Dio, che il Padre renderà fecondo attirando gli uomini a lui. Per Gesù non è stato facile accettare la sofferenza e la morte di croce, come egli stesso confessa: “Adesso l’anima mia è turbata”. Il suo turbamento diventerà ancora più profondo all’avvicinarsi dell’ora, quando nell’orto degli ulivi, “offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo dalla morte”. Gesù non ha cercato la sua volontà ma quella di Dio, abbandonandosi nelle sue mani. Per questo Dio manifesta la sua potenza in Gesù crocifisso, continuando ad attirare gli uomini a lui. La potenza che si propaga da Gesù crocifisso è la prova che è davvero il da Figlio di Dio, risorto per la vita eterna.
Ora Gesù invita tutti quanti noi che siamo stati attirati dal suo amore a vivere come lui, spendendo per gli altri questa vita che finisce, per conservarla per l’eternità. Al contrario chi vive per se stesso, perderà per sempre la vita. Per riuscire a vivere amando come Gesù, abbiamo bisogno dell’aiuto continuo di Dio. Gesù ci ha insegnato a chiedere questo con la prima domanda del Padre nostro: “Sia santificato il tuo nome”, e poi con il suo esempio, quando sentendo avvicinarsi la sua ora, ha chiesto : «Padre, glorifica il tuo nome». La cosa più importante per noi è seguire Gesù nella via dell’amore, perché solo così portiamo molto frutto ed ereditiamo la vita eterna.
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11 marzo – IV domenica di Quaresima
(anno B)
Liturgia della Parola: 1lettura: 2Cr 36,14-16.19-23 – Salmo responsoriale: Sal 136 – 2lettura: Ef 2,4-10 – Vangelo: Gv 3,14-21.
Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.
E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».
Parola del Signore
Meditazione
Il vangelo di oggi ci ricorda che Dio vuole solo la nostra salvezza: “Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui”. Il Figlio suo Gesù Cristo è la mano che Dio porge a noi peccatori, perché credendo in lui siamo salvati. La salvezza è un dono gratuito di Dio, che noi non meritiamo, poiché siamo tutti peccatori. Nessuno di noi può dire di essere perfetto e senza peccati. Riusciamo certamente a compiere diverse opere buone, ma commettiamo insieme anche dei peccati. Ma Dio, “ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amato, da morti che eravamo per le colpe, ci ha fatto rivivere con Cristo”. Dio ci comunica la sua salvezza mediante Gesù Cristo che è morto per espiare i nostri peccati, ed è risorto per renderci partecipi della vita eterna, che è la stessa vita di Dio. Per ricevere la salvezza che Dio vuole donarci dobbiamo accoglierla con la fede, credendo in Gesù e ricevendo il battesimo che ci unisce a Gesù Cristo, morto, risorto e asceso al cielo. Non solo la salvezza è un dono di Dio ma anche la fede. Siccome Dio vuole salvare tutti, è certo che vuole donare la fede a tutti, perché credendo ricevano la salvezza. Ma non tutti sono disponibili a Dio per ricevere la fede e la salvezza. Chi è abituato a stare nelle tenebre del peccato, odia la luce della fede e della salvezza, e non accoglie Gesù Cristo. Chi invece cerca abitualmente di compiere il bene, vivendo nella luce, anche se qualche volta cede al male, è disponibile alla luce della fede e della salvezza, e non ha difficoltà ad accogliere Gesù Cristo. Chi accoglie Gesù, viene salvato, perché diventa partecipe della vita eterna, chi rifiuta Gesù, rifiuta l’unica salvezza possibile, e condanna se stesso alla rovina eterna: “Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio”.
Quindi la salvezza è opera di Dio, la condanna eterna è opera dell’uomo che rifiuta la salvezza di Dio. E’ chiaro che fino a quando siamo su questa terra, possiamo sempre cambiare atteggiamento e se per un certo tempo abbiamo rifiutato la salvezza, possiamo incominciare ad accoglierla.
Nella prima lettura abbiamo ascoltato che gli israeliti si ostinano a disobbedire a Dio, non tengono in considerazione i suoi appelli, ma dopo che sperimentano le cattive conseguenze dei loro peccati, si pentono e accolgono di nuovo la salvezza del Signore. Quello che li aiuta a convertirsi, come ci fa capire il salmo 136, è il fatto che stanno attenti a non aggravare la loro situazione e a non abituarsi alla lontananza dal Signore. Non vogliono aggravare la loro situazione e per questo rifiutano la richiesta degli oppressori di cantar loro come intrattenimento i canti del Signore. Non vogliono abituarsi alla vita dell’esilio, e non cessano di alimentare in se stessi il ricordo di Gerusalemme, che nel loro immaginario rappresenta la dimora di Dio sulla terra: “Come cantare i canti del Signore/in terra straniera?/Se mi dimentico di te, Gerusalemme,/si dimentichi di me la mia destra”. Il pericolo consiste quando ci abituiamo alla vita peccaminosa, quando non sentiamo più la nostalgia del ritorno. Allora il nostro cuore diventa insensibile alla voce di Dio ed è difficilmente guaribile. Se la morte ci dovesse cogliere lontano dal Signore, ci lascerà in questa situazione per l’eternità. Ed è questa la condanna eterna, l’inferno, che non dipende da Dio ma da noi peccatori. Non dobbiamo perdere tempo ad accogliere la salvezza di Dio, credendo in Gesù Cristo, lasciando che la grazia di Dio operi nella nostra vita, così da compiere le opere buone che lui ha preparato perché noi le praticassimo. Quindi tutto è grazia, la salvezza, la fede e anche le opere buone, che riusciamo a compiere con la grazia di Dio. Da parte nostra ci vuole la disponibilità e l’impegno perché i doni di Dio portino frutto nella nostra vita.
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4 marzo – III domenica di Quaresima
(anno B)
Liturgia della Parola: 1lettura: Es 20,1-17– Salmo responsoriale: Sal 18 – 2lettura: 1Cor 1,22-25 – Vangelo: Gv 2,13-25.
Dal Vangelo secondo Giovanni
Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà».
Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo.
Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.
Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull’uomo. Egli infatti conosceva quello che c’è nell’uomo.
Parola del Signore
Meditazione
Gesù compie un gesto polemico contro il culto che veniva offerto nel tempio di Gerusalemme. Il culto riguarda il rapporto che gli uomini stabiliscono con Dio. Sin dai tempi più remoti, gli uomini hanno pensato di rivolgersi a Dio con preghiere e con sacrifici di animali. Nel libro del Levitico troviamo le prescrizioni minuziose sui diversi tipi di sacrificio. Dio per la sua condiscendenza ha accettato che gli offrissero sacrifici di animali. Ma per bocca dei profeti ha educato progressivamente il popolo, affinché capisse qual è il sacrificio che gradisce. I profeti polemizzano spesso contro il culto del tempio, perché il popolo offre sacrifici ma senza convertirsi a Dio. Non contestano i sacrifici in se stessi ma il modo di offrirli senza l’impegno a fare la volontà di Dio. Gesù con il suo gesto lascia intendere che il culto del tempio è guasto perché non è sincero, ma sono ormai superati anche i sacrifici di animali. Infatti scaccia dal tempio non solo i mercanti ma anche gli animali sacrificali. In questo modo si presenta come il Messia, che secondo il profeta Malachia sarebbe venuto a purificare il culto del tempio.
I capi del popolo hanno compreso il significato del gesto di Gesù, ma siccome sono prevenuti nei suoi riguardi, gli chiedono un segno divino che dia credito alla sua missione. Gesù dà la famosa risposta: “Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere”. Il profeta Ezechiele aveva avuto la visione del tempio di Dio degli ultimi tempi, che sarebbero coincisi con l’avvento del Messia. Con la sua risposta Gesù vuole dire che la sua messianicità apparirà quando ricostruirà il tempio di Dio degli ultimi tempi. I Giudei pensano alla ricostruzione del tempio di pietra, Gesù invece pensa al suo corpo risorto, che, unendo a sé i credenti mediante lo Spirito Santo, costituirà il vero tempio di Dio visibile sulla terra. Questo tempio è la chiesa sparsa in tutto il mondo. In questo tempio viene offerto l’unico sacrificio a Dio gradito, il sacrificio di Gesù Cristo. Partecipando alla celebrazione della messa, riceviamo la forza di fare anche noi della nostra vita un sacrificio a Dio gradito. Il sacrificio di Cristo è l’obbedienza della sua vita a Dio fino alla morte di croce.
La prima lettura con la presentazione dei 10 comandamenti ci dice che la volontà divina si riassume, nell’amore a Dio e al prossimo. Ma da noi stessi non siamo capaci di amare come conviene Dio e il prossimo. La seconda lettura ci presenta il sacrificio di Cristo sulla croce, l’unico uomo che è stato capace di amare Dio e il prossimo in modo perfetto. Con il suo sacrificio non solo ci ha liberati dal male delle nostre disobbedienze, ma ci dà la forza di poter amare in modo conveniente Dio e il prossimo. Per questo il sacrificio di Cristo viene ripresentato in ogni messa, perché ricevendo il suo amore diventiamo capaci di osservare i comandamenti di Dio, e di rendergli con la nostra vita un culto a lui gradito. L’orante del Salmo ci dice che l’osservanza dei comandamenti di Dio giova più a noi che a Dio, in quanto rinfranca l’anima, dona saggezza, fa gioire, illumina gli occhi. Perciò quando Dio ci chiede qualcosa non è mai per se ma sempre per noi, perché ci vuole bene.
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25 febbraio – II domenica di Quaresima
(anno B)
Liturgia della Parola: 1lettura: Gen 22,1-2.9.10-13.15-18 – Salmo responsoriale: Sal 115 – 2lettura: Rm 8,31-34 – Vangelo: Mc 9,2-10.
Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli.
Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro. Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.
Parola del Signore
Meditazione
La trasfigurazione raccontata nel vangelo di oggi è avvenuta alcuni giorni dopo la confessione di Pietro e il primo annuncio da parte di Gesù della sua croce. I discepoli per bocca di Pietro hanno riconosciuto che Gesù è il Figlio di Dio. E subito dopo Gesù incomincia a parlare della sua croce. Ma i discepoli non comprendono questo discorso, al punto che Pietro prende Gesù in disparte e lo rimprovera. Conosciamo la dura reazione di Gesù che si rivolge a Pietro, apostrofandolo: “satana”.
La trasfigurazione avviene dopo questi fatti. Gesù manifesta ai tre discepoli che sono con lui la gloria divina nascosta nella sua umanità. La gloria divina si manifesta attraverso l’umanità di Gesù che viene trasfigurata. E’ qualcosa di indescrivibile. Infatti l’evangelista dice che le vesti di Gesù divennero bianchissime, specificando che nessun lavandaio sulla terra sarebbe capace di renderle così bianche. Quindi il candore delle vesti di Gesù è qualcosa di sovrumano. Con Gesù dialogano Mosè ed Elia, cioè i servi di Dio dell’Antico Testamento. La voce di Dio conferma quello che i discepoli già sanno di Gesù, aggiungendo un comando: “Ascoltatelo!”. Bisogna ascoltarlo perché Gesù è colui che rivela Dio in modo pieno e definitivo. Infatti finita la visione, scompaiono Mosè ed Elia, cioè l’Antico Testamento, e c’è solo Gesù.
I discepoli sono tali perché seguono Gesù e ascoltano la sua parola. Ma in quel momento avevano difficoltà ad accettare il discorso della croce. Gesù aveva parlato della sua croce ma anche della croce dei discepoli: “Se qualcuno vuol venire dietro di me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua”. Con la trasfigurazione vuole prepararli ad accettare la croce.
Nella vita umana, segnata dal peccato e dalle conseguenze del peccato, è inevitabile che si presenti la croce. La croce è ogni esperienza che ci provoca difficoltà, disagio, sofferenza, e dopo aver chiesto al Signore di liberarci, non ci ha esaudito. Allora il Signore ci sta chiedendo di sopportarla con lui, perché lui sarà al nostro fianco.
Potrebbe essere una croce anche un comando del Signore, come quello dato ad Abramo di offrirgli in olocausto il figlio Isacco.
Ma perché Gesù ha sopportato la croce e perchè ci chiede di sopportarla?
Il Signore si è sottoposto liberamente alla croce per insegnarci a sopportarla come ha fatto lui.
Gesù ha sopportato la croce perché, sopportandola, ha potuto esprimere al meglio l’amore di Dio che era venuto a manifestare. Gesù ci rivela che l’amore di Dio è dono di se stesso, si fa carico dei bisogni degli uomini, e non si lascia vincere dal male, al punto che per non rendere male per male è disposto a subirlo. Quindi quando incontriamo la croce, Gesù ci chiede di prenderla su di noi, non di scaricarla, perché è un’occasione privilegiata per manifestare l’amore di Dio che è stato riversato in noi.
Per esempio se nel rapporto matrimoniale, uno dei due incomincia a diventare una croce, Gesù chiede all’altro di farsene carico non di scaricarlo. Se un figlio o una figlia è diventato un peso per i suoi genitori, Gesù chiede loro di farsene carico. Se un genitore o una persona cara diventa un peso, la via più facile è scaricarla. Ma in questo modo abbiamo perso l’occasione della nostra vita per amare sul serio. Perché l’amore vero costa, quello falso non costa nulla. Donandolo quando ci costa, noi impariamo ad amare sul serio, e questo fa bene a noi e al prossimo. La croce fa venire allo scoperto quello che siamo. Nella croce di dover sacrificare il figlio Abramo dimostra di fidarsi veramente di Dio.
Nella croce delle avversità che lo rendono infelice, l’uomo che parla nel Salmo continua a credere in Dio: “Ho creduto anche quando dicevo: Sono troppo infelice”. Da come ci poniamo davanti alla croce viene fuori la fede che abbiamo nel Signore, la speranza nelle sue promesse, e soprattutto l’amore che c’è in noi. Se gettiamo la croce, oppure, non potendolo fare, la subiamo con rabbia e disperazione, vuol dire che abbiamo poca fede, poca speranza e soprattutto poco amore. Se l’accogliamo come ha fatto Gesù allora siamo veramente suoi discepoli, che hanno preso sul serio le sue parole, le sue promesse, e il suo amore.
Con la trasfigurazione Gesù ci vuole dire che l’ultima parola non è della croce ma della gloria della risurrezione. La croce è soltanto il passaggio obbligato se vogliamo stare con Dio nell’eternità. Dio è amore e possono stare con lui solo quelli che sanno amare. L’amore di Dio nella croce appare debole, ma in realtà è più potente di tutte le forze umane messe insieme e di qualsiasi potenza cosmica. Infatti ha vinto la morte, perché Gesù è risuscitato. Nella seconda lettura l’apostolo ci assicura che Dio ci darà tutto quello che ci ha promesso. Dio infatti, donandoci Gesù Cristo che è diventato nostra vita inseparabile, ci ha fatto il dono più grande che ci potesse fare. Se ci ha dato il Figlio, a maggior ragione dobbiamo aspettare che ci renderà partecipi degli altri beni, come la risurrezione e la gloria del paradiso, che sono certamente minori del Figlio: “Egli, che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi, non ci donerà forse ogni cosa insieme con lui?”.
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18 febbraio – I domenica di Quaresima
(anno B)
Liturgia della Parola: 1lettura: Gen 9,8-15 – Salmo responsoriale: Sal 24 – 2lettura: 1Pt 3,18-22 – Vangelo: Mc 1,12-15.
Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, lo Spirito sospinse Gesù nel deserto e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano.
Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».
Parola del Signore
Meditazione
Gesù di Nazareth è il Figlio di Dio che è venuto sulla terra a farsi uomo per condividere la nostra condizione umana. In Gesù dunque ci sono due nature, quella divina e quella umana. Nel vangelo di oggi vediamo Gesù, che in quanto uomo viene spinto dallo Spirito di Dio nel deserto per essere tentato dal diavolo. Lo Spirito di Dio guida Gesù a fare la volontà del Padre, il quale vuole che il Figlio condivida tutto della condizione umana eccetto il peccato. Per questo Gesù, guidato dallo Spirito di Dio, si sottopone volontariamente alla tentazione del diavolo, come poi si sottoporrà alla sofferenza e alla morte di croce. Con la sua condivisione Gesù si fa per noi esempio di vita, perché ci rivela l’amore di Dio e ci insegna ad amare come lui.
L’evangelista Marco non descrive le tentazioni di Gesù come fanno Matteo e Luca. Ma dal seguito comprendiamo che Gesù ha respinto il demonio, non ha seguito i suoi suggerimenti, ed è rimasto fedele a Dio. Lo deduciamo dal fatto che Gesù è in armonia con le bestie selvatiche che non gli recano alcun danno e con gli angeli che lo servono. Se noi leggiamo i capitoli della Genesi dal terzo fino all’undicesimo, vediamo che in seguito al peccato di Adamo ed Eva si rompe l’armonia originaria nel cuore degli uomini, tra Dio e gli uomini, tra gli uomini e gli altri uomini, tra gli uomini e la creazione. Il diluvio, che secondo gli studiosi è stato provocato dallo scioglimento dei ghiacci del Polo Nord, secondo la Scrittura è stato conseguenza dei peccati degli uomini. Le creature nel progetto di Dio dovevano essere a servizio dell’uomo, ma ora si ribellano all’uomo peccatore fino a provocarne la morte. Dall’immane tragedia del diluvio scampò solo Noè e la sua famiglia, perchè furono disponibili a Dio e seguirono il suo consiglio di costruire l’arca. Secondo la Bibbia Noè impiegò 30 anni per la costruzione dell’arca, e quindi è pensabile che fosse sotto gli occhi dei suoi contemporanei. Probabilmente costoro si saranno fatti beffe di Noè, in quanto il pericolo di cui parlava sembrava una fantasia. Ma il tempo diede ragione a Noè e torto ai contemporanei che perirono travolti dalle acque. Il diluvio ha eliminato i peccatori ma non è riuscito ad eliminare il peccato. Gli scampati sono disponibili a Dio ma non sono esenti dal peccato. Di li a poco Dio sa che il peccato dilagherà di nuovo sulla terra. E tuttavia, come abbiamo ascoltato nella prima lettura, per la sua grande misericordia Dio si impegna ad impedire che in avvenire le forze della natura rechino la morte a tutti gli uomini come era accaduto nel diluvio. Dio infatti sapeva che avrebbe mandato un giorno sulla terra il Figlio suo per eliminare il peccato del mondo e donare agli uomini l’armonia perduta. Gesù dunque è l’uomo nuovo che a differenza di Adamo si fida di Dio e rimane fedele alla sua volontà. Per questo vive in armonia con tutta la creazione.
Ma Gesù è anche Dio, e perciò annuncia che il regno di Dio è venuto in mezzo a noi. Attraverso di lui possiamo entrare in contatto con Dio e ricevere la salvezza, che Gesù ci darà come frutto della sua morte e risurrezione. La salvezza che Gesù ci ha guadagnato ci viene donata nel battesimo, come ci ricorda la seconda lettura, e consiste nel dono dello Spirito Santo. Quindi, come dice San Agostino, Gesù si è fatto per noi esempio e sacramento. In quanto uomo Gesù si fa per noi esempio di vita, ci indica le vie di Dio, come chiedeva il Salmista, in quanto Dio ci dona la grazia della salvezza che è lo Spirito Santo, in modo che abbiamo la forza per poterlo seguire ed imitare.
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14 febbraio 2018 – Mercoledì delle Ceneri
Liturgia della Parola: 1lettura: Gl 2,12-18 – Salmo responsoriale: Sal 50 – 2lettura: 2Cor 5,20-6,2 – Vangelo: Mt 6,1-6.16-18.
Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli.
Dunque, quando fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipòcriti nelle sinagoghe e nelle strade, per essere lodati dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, mentre tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.
E quando pregate, non siate simili agli ipòcriti che, nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amano pregare stando ritti, per essere visti dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.
E quando digiunate, non diventate malinconici come gli ipòcriti, che assumono un’aria disfatta per far vedere agli altri che digiunano. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu digiuni, profùmati la testa e làvati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà».
Parola del Signore
Meditazione
Nella prima lettura il Signore ci esorta per bocca del profeta a ritornare a lui con tutto il cuore: “Ritornate a me con tutto il cuore”. Noi ci allontaniamo in continuazione dal Signore, quando commettiamo il peccato. Quest’allontanamento oltre a farci sperimentare delusione e tristezza ci mette in balia delle forze del male, che provocano contro di noi tante sofferenze. Solo il nostro ritorno al Signore può spezzare la catena di male innescata dai nostri peccati. Dobbiamo ritornare al Signore con tutto il cuore, cioè con sincerità, con dispiacere, laceratevi il cuore e non le vesti, e con fiducia nella sua misericordia. La nostra conversione non deve essere superficiale o momentanea, come quella del lupo, ma con tutto il cuore, animata dal desiderio di stare con il Signore. Deve poi portarci a provare dispiacere dei peccati commessi, perché con i peccati abbiamo fatto soffrire il Signore che ci vuole bene. Il Signore soffre quando facciamo il male perché vede la rovina incombere su di noi suoi figli. Dobbiamo infine ritornare al Signore con la fiducia che ci perdonerà, sapendo che è misericordioso e pietoso, lento all’ira, di grande amore.
Il penitente del Salmo ci insegna a chiedere a Dio un cuore puro: “Crea in me, o Dio, un cuore puro”.
Il peccato guasta la nostra personalità e con le nostre forze non potremo mai guarirla. Alcuni, rendendosi conto di ciò, usano dei meccanismi di difesa, rimuovendo il peccato oppure dicendo che quello che hanno fatto non è peccato. Ma il peccato rimosso e taciuto, provocherà tanto male nella nostra vita. Al contrario se ritorniamo al Signore, lui ha il potere di liberarci, creando in noi un cuore puro. La seconda lettura ci ricorda che noi riceviamo di fatto il perdono di Dio mediante i ministri della chiesa. Paolo, in qualità di ministro della grazia di Dio, ci esorta dicendo: “Lasciatevi riconciliare con Dio”. Nei sacramenti, in particolare nel battesimo e poi nel sacramento della confessione, riceviamo il perdono che Gesù Cristo ci ha guadagnato morendo per noi sulla croce. Dio ha operato una permuta, facendo ricadere sul Figlio suo Gesù, innocente, tutti nostri peccati e donando a noi peccatori la sua innocenza: “Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio”. Quando ci accostiamo alla confessione noi usufruiamo di questa permuta avvenuta una volta per tutte sulla croce. Gesù prende i nostri peccati e ci dona la sua innocenza. Nel vangelo Gesù ci insegna quali sono i frutti degni di conversione che dobbiamo compiere e soprattutto come li dobbiamo compiere perché siano graditi a Dio ed efficaci alla nostra conversione. Si tratta di tre opere che vogliono insegnarci a svuotarci del nostro egoismo e a riempirci dell’amore di Dio. L’elemosina ci insegna a privarci dei nostri beni per aiutare il prossimo, la preghiera a togliere del tempo alle nostre faccende per dedicarlo a Dio, il digiuno a togliere qualcosa al nostro stomaco per saper dominare le tendenze cattive. Si tratta di togliere egoismo per avere più amore. Con l’elemosina e il digiuno ci svuotiamo, con la preghiera chiediamo a Dio di riempirci del suo amore. Gesù ci mette in guardia dal pericolo di guastare con il nostro egoismo anche queste opere buone. “State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli”. Per essere gradite a Dio ed efficaci dobbiamo compiere queste opere senza cercare ammirazione dalla gente ma alla presenza di Dio che ci vede dovunque siamo e ci ricompenserà riversando in noi il suo amore.